La “Questione d’Oriente”

Politica

La Questione d’Oriente si articolò in 4 passaggi fondamentali:
1) La guerra di indipendenza in Grecia. Iniziata nel 1821, vide un iniziale successo delle forze indipendentiste greche contro l’esercito turco. L’arrivo di rinforzi inviati dal Pascià (governatore) dell’Egitto ribaltò la situazione spingendo Francia, Gran Bretagna e Russia a intervenire. Nella battaglia di Navarino (1827) la flotta turco-egiziana venne distrutta e i successivi accordi di pace riconobbero l’indipendenza della penisola greca, che entrò così nell’orbita delle potenze europee. Da quel momento, il timore che la Russia potesse approfittare della situazione espandendosi verso i Balcani spinse Inghilterra e Francia a tutelare la sopravvivenza dell’Impero ottomano.

2) La guerra di Crimea. Il conflitto nacque a seguito dell’occupazione da parte dell’esercito russo dei principati di Moldavia a Valacchia soggetti alla sovranità turca. Ciò provocò l’intervento di Francia e Gran Bretagna a sostegno del governo di Istanbul e allo scoppio di un breve conflitto, che vide la partecipazione anche di un contingente piemontese inviato da Cavour. La guerra ebbe come teatro la penisola di Crimea e si concluse con la vittoria franco-inglese. Il trattato di Parigi affermò l’integrità dell’Impero ottomano e la sua sovranità su Moldavia e Valacchia, che tuttavia insieme alla Serbia ottennero un forte di autonomia.

3) La guerra russo-turca del 1878. Una vasta rivolta scoppiata in quell’anno nella penisola balcanica e la feroce repressione operata dall’esercito ottomano offrì alla Russia l’occasione per scendere nuovamente in guerra. Il conflitto si concluse con la sconfitta turca e con la firma di un trattato di pace che stabiliva la nascita di un grande stato bulgaro, riconoscendo l’influenza russa su tutti i Balcani. Ancora una volta le potenze europee accorsero in sostegno del sultano e un apposito congresso convocato a Berlino ridimensionò fortemente gli accordi di pace. Lo Stato bulgaro venne drasticamente ridotto, la Russia ottenne modesti vantaggi territoriali; i territori balcanici di Romania, Serbia e Montenegro si videro riconoscere la piena indipendenza, mentre un’altra provincia balcanica, la Bosnia-Erzegovina, venne affidata all’amministrazione dell’Impero Austro-Ungarico, anch’esso fortemente interessato a espandersi nella regione.

4) Le guerre balcaniche. La lenta erosione dell’Impero ottomano proseguì nel 1912 con lo scoppio di un conflitto tra l’Impero ottomano e una coalizione di forze che vedeva unite Serbia, Grecia, Bulgaria e Montenegro. Ragione del contendere era la Macedonia, un territorio ai confini tra i quattro Stati balcanici e ancora soggetto alla sovranità ottomana. La sconfitta subita dell’esercito turco portò alla spartizione della Macedonia tra i vincitori e al riconoscimento dell’indipendenza dell’Albania. I contrasti sorti nella spartizione della Macedonia causarono però nel 1913 un’altra guerra tra gli Stati che avevano composto la coalizione anti-turca. La vera vincitrice della seconda guerra balcanica fu la Serbia, che estese i propri confini su quasi tutta la Macedonia e la provincia del Kosovo. Alla vigilia della Prima guerra mondiale, lo sgretolamento della sovranità ottomana sulla penisola balcanica aveva lasciato il posto a un complesso sistema di equilibrio, basato su un mosaico di piccoli Stati sempre più sfuggente al controllo delle grandi potenze europee. L’attentato di Sarajevo avrebbe mostrato la precarietà di quell’equilibrio, liberando le tensioni accumulatesi in quell’area nel corso dei decenni e trasformando la “Questione d’Oriente” nella scintilla di quel conflitto generale che si era tentato a lungo di scongiurare.